Immaginiamo una filosofia della conoscenza come pura descrizione (linguistica) della realtà empirica. Secondo tale proposta, la scienza è fondamentalmente costituita da teorie, insiemi di enunciati organizzati in sistemi più o meno formali. Il banco di prova delle teorie, inoltre, è costituito dal tribunale dell’esperienza – una teoria è giudicata in modo positivo o negativo a seconda della sua capacità di descrivere accuratamente i fatti osservati dalla comunità scientifica. Immaginiamo infine che i promotori di tale filosofia perseguano un’ideale a-contestualista: in linea di principio, essi vorrebbero che la valutazione delle teorie fosse indipendente da altre considerazioni contestuali, quali i pregiudizi religiosi, politici e ontologici dei singoli scienziati, il luogo geografico e il periodo storico in cui la valutazione viene effettuata, la specifica teoria scientifica da essi preferita, e perfino il tipo di realtà che stiamo studiando, sia questa un sistema di particelle subatomiche, la struttura del cosmo, l’evoluzione di una specie animale o le istituzioni di una società esotica.
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